Elogio (moderato) della “brevitas”
Elogio (moderato) della “brevitas”
Come cambiano canali e meccanismi di apprendimento nei nostri giovani nel decorso epigenetico, soprattutto per effetto di inediti fattori causali, quali la tecnologia e l’intelligenza artificiale? È lecito parlare di “delega cognitiva” senza demonizzare l’apporto scientifico della Ricerca e dello Sviluppo?
Così, tra “passatismo” e “futurismo”, ci ritroviamo a tracciare il bilancio del contesto scolastico attuale, tra rivoli normativi tesi alla generalizzazione della “cittadinanza digitale” e verdetti catastrofici ratificanti la regressione delle capacità attentive medie: è recente la notizia che la maggior parte degli Italiani non comprenderebbe un testo narrativo/informativo a contenuto ordinario: disabitudine alla lettura – e, con essa, alla necessaria “lentezza” di decodifica – o, più rovinosamente, disabilitazione di quella capacità cognitiva preordinata alla comprensione della parola?
Come Comunità di apprendimento, non abbiamo risposte assolute, ma è indubbia certezza la rilevanza del “metodo” che dischiuda la “via” di ingresso al tessuto dei significati. Ecco allora risuonare attualissimo l’elogio della “brevitas”, dell’“Arte del riassunto per imparare a scrivere” – dal titolo di un interessante saggio a firma di Gino Ruozzi che, ricorrendo all’autorevolezza di Eco, Calvino, Malerba e Arbasino, ricorda come la sintesi sia “esercizio di comprensione e di selezione” per “prendere una decisione su ciò che è veramente importante e centrale”. La condizione di tale approdo, tuttavia, è l’attraversamento dell’oceano delle informazioni, il setaccio del dettaglio, il dominio di ogni singola parola.
L’esigenza di acquisire un valido metodo di studio, peraltro, non è solo appannaggio tecnico dei professori, in quanto le famiglie più attente rilevano come un eventuale insuccesso scolastico sia sovente imputabile ad approcci di studio “ipsativi”, ovverosia inidonei a mobilitare le competenze cognitive più profonde: a tal riguardo, la richiesta accorata di un genitore, preoccupato del fatto che il proprio figlio non sappia fare riassunti risuona per me come ulteriore stimolo alla riorganizzazione degli ambienti di apprendimento.
I nostri alunni, i vostri figli, probabilmente non hanno ancora acquisito la conquista vettoriale dei “numeri primi” del pensiero, semplicemente perché l’uso talvolta distorto della tecnologia ha inibito la capacità di vagliare le fonti, di procedere dal dettaglio al concetto, dal molteplice all’uno, dall’analisi alla sintesi: la Rete, infatti, genera profusione e abbondanza di dati, notizie, informazioni e non esiste mente umana che possa “competere” con la disponibilità di giacenza di questa ipertrofica “datità”.
Ma allora siamo sconfitti in partenza? Siamo destinati ad alimentare piuttosto il lucroso indotto delle lobbies farmaceutiche e delle pillole della memoria? Al di là delle facili ironie, il nostro impegno etico ed intellettuale necessita di un nuovo “contratto sociale” tra decisori politici e istituzioni sociali: chiediamo di essere ascoltati per esprimere le esigenze e i fabbisogni reali, quelli che quotidianamente raccogliamo sul “campo”, perché solo la concertazione tra le parti, il confronto con chi vive la scuola “per la scuola e nella scuola” può tracciare percorsi di conoscenza che, accogliendo il dubbio come stimolo intellettivo, conducano alla libertà di pensiero.
Il Dirigente Scolastico
Prof.ssa Ilaria Di Leva